Noi e la paura, lettera a Giovanni Falcone
Tostato da Silvia Amadori

(Giovanni Falcone)
Giovanni non mi piace festeggiare i compleanni, non mi piace perché credo che ogni giorno abbiamo la possibilità di rinascere nelle azioni che compiamo. Tuttavia oggi è il giorno in cui sei nato, chissà quali pensieri e quali progetti avevano su di te i tuoi genitori. Oggi più degli altri giorni siamo noi e la paura.
Scriverti una lettera fa un certo effetto, d’altronde fai parte dell’Aldilà e credimi è molto più semplice pensarti piuttosto che scrivere nero su bianco le proprie emozioni, ma questo è un atto dovuto per non dimenticare chi sei stato, per impedire ad altri di dimenticarti.
Oggi saresti l’uomo che potrebbe capirmi più di chiunque altro, sei per me un secondo padre, il padre del mio carattere, delle mie paure e della forza che ogni giorno mi impongo per non cedere ai timori.
Siamo noi e la paura, perché ho paura di questo Paese, ho paura che la mafia sia più forte di noi, che sia riuscita a superare di nuovo lo Stato come tu stesso temevi:
“La mia più grande preoccupazione è che la mafia riesca sempre a mantenere un vantaggio su di noi”.
Ho paura perché vedo uno Stato diviso in due, da una parte lo Stato in cui credo, quello interiorizzato, lo Stato inteso come valore di ogni singolo cittadino, dall’altra lo Stato massone, politico ed affarista senza scrupoli, pronto a scendere a patti con la mafia per il proprio tornaconto.

Mi manchi Giovanni.
Manchi al mio respiro che si assenta quando ti penso, manchi al mio sguardo che non ti ha mai potuto vedere dal vivo, manchi alla mia passione per il caffè perché non abbiamo mai potuto berne uno insieme.
Manchi all’aria che mi circonda perché non è mai stata accarezzata dalla tua presenza. Hai presente quando una persona ti passa accanto e senti un leggero spostamento d’aria? Ecco mi manca quel muoversi dell’atmosfera magari creato dalla tua giacca che appena ti volti si apre leggermente. Mi manca la tua presenza fisica perché si ti penso e sento che il tuo carattere non è morto, ma fisicamente sei polvere e questo è il dolore più forte da sopportare per chi, come me, non ti ha mai potuto stringere la mano o scambiare con te uno sguardo, un silenzio che parlava di rispetto.
Sei l’uomo che oggi amo più di tutti, ti amo da otto anni e più passa il tempo più non posso smettere di pensarti. Ti voglio bene anche quando non ti sopporto, quando mi sono trovata di fronte a delle tue reazioni passate eccessive ma sempre dettate dalla necessità. Chissà quanto avremo litigato io e te se ci fossimo incontrati, entrambi tenaci e testardi, ma ti avrei rispettato tanto quanto faccio oggi ogni giorno.
Di te ho amato la capacità di capire il prossimo.
Amo in maniera spudorata la tua forza di dire:
“Conoscere i mafiosi ha influito profondamente sul mio modo di rapportarmi con gli altri e anche sulle mie convinzioni. Ho imparato a riconoscere l’umanità anche nell’essere apparentemente peggiore; ad avere un rispetto reale, e non solo formale per le altrui opinioni. Ho imparato che ogni atteggiamento di compromesso – il tradimento, o la semplice fuga in avanti – provoca un sentimento di colpa, un turbamento dell’anima, una sgradevole sensazione di smarrimento e di disagio con se stessi. L’imperativo categorico dei mafiosi, di “dire la verità”, è diventato un principio cardine della mia etica professionale, almeno riguardo ai rapporti veramente importanti della vita. Per quanto possa sembrare strano, la mafia mi ha impartito una lezione di moralità”.

Quanti di coloro che oggi si professano paladini dell’antimafia hanno l’intelligenza di spingersi verso la conoscenza del fenomeno ammettendo che “ci assomiglia”, farlo con “lo scopo di combatterlo”, pochi, vero Giovanni? Veramente pochi, ed è forse per questo che oggi manchi più che mai, manchi tu con il tuo rispetto portato sulla punta di una sigaretta, manca il tuo sorriso sornione ed il tuo “spirito di servizio” che tanto ti ha fatto conoscere e per servire il quale ti hanno fatto saltare in aria.
Non ci sei più è vero, ma non ha senso per me parlarti al passato perché tu vivi in ogni scritto che hai lasciato, in ogni video, in tutto ciò che mi ha permesso di conoscerti. Vivi nelle mie lacrime ogni qualvolta mi sento persa perché non posso contare su di una telefonata per chiederti consiglio. Vivi in tutto ciò che mi hai insegnato; non sono siciliana ma mi hai fatto conoscere la tua terra e per quanto sia terribilmente complicata
sul piano dei rapporti umani sento che bisogna fare qualcosa per lei, per la Sicilia e in seguito per tutta l’Italia.
Sei anche tu il mio papà e spero che grazie alla tua guida riuscirò a renderti omaggio lungo la mia esistenza.sul piano dei rapporti umani sento che bisogna fare qualcosa per lei, per la Sicilia e in seguito per tutta l’Italia.
Mi manchi Giovanni… Auguri
http://www.caffenews.it/legalita-antimafie/36436/noi-e-la-paura-lettera-a-giovanni-falcone/
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