Il Professore : ... ... Giova ricordare , peraltro , IL Che Personaggio Il proprietario del bene confiscato , in partiture OCCASIONE delle elezioni sosteneva Amministrativo Il Candidato della lista "Rinascita Isolana " Rosario Rappa .

sabato 9 luglio 2011

I cambi merce di Milanese

Tremonti: "Una stupidata quella casa
ci andai perché mi sentivo spiato"

Le spiegazioni offerte dal ministro sulla discussa offerta di Milanese colpiscono l'intero sistema di potere berlusconiano. Il titolare del Tesoro temeva di essere vittima di una guerra tra bande dentro la Finanza. "In caserma non ero tranquillo: ero controllato, pedinato". "Chi parla di evasione fiscale è in malafede: posso dimostrare l'assoluta regolarità del mio comportamento"

di MASSIMO GIANNINI

"LO RICONOSCO. Ho fatto una stupidata. E di questo mi rammarico e mi assumo tutte le responsabilità. Ma in quella casa non ci sono andato per banale leggerezza. Il fatto è che prima ero in caserma ma non mi sentivo più tranquillo. Nel mio lavoro ero spiato, controllato, pedinato. Per questo ho accettato l'offerta di Milanese...". Finalmente, dopo lunghi giorni di imbarazzi e di silenzi, ecco la versione di Giulio Tremonti, al culmine di un assedio che lo vede all'angolo da un mese, e che rischia di farlo cadere da un giorno all'altro. Non una banale giustificazione "tecnica". Ma una brutale ricostruzione politica che, se autentica, tocca il cuore del sistema di potere berlusconiano.

Il "partito degli onesti" è un grumo di malaffari pubblici e di rancori privati. Un ministro dell'Economia, che ha appena imposto agli italiani una stangata da 48 miliardi di euro, si può pagare l'affitto di casa in nero? In quale altra democrazia occidentale sarebbe pensabile un simile cortocircuito etico e politico? Impensabile, insostenibile.

E infatti Tremonti è nell'occhio del ciclone. Non solo le rivelazioni che si inseguono ogni giorno, dalle carte dell'inchiesta sulla P4 e sull'Enav. Non solo le opposizioni che chiedono conto, rimpallando sul centrodestra una "questione morale" che si vorrebbe invece intestata al solo centrosinistra. Ma anche il "fuoco amico" del Pdl, con Berlusconi che non risparmia i veleni, i suoi "volenterosi carnefici" che si prodigano a mescolarli
e i giornali di famiglia che non smettono di inocularli nel circuito politico-mediatico.
Da settimane sulla graticola, Tremonti tenta ora di passare al contrattacco. Di cose da chiarire ce ne sono tante. Basta rileggere le ordinanze dei giudici e dei pm. Tra il ministro e il deputato del Pdl "c'è uno stretto e attuale rapporto fiduciario che prescinde dal ruolo istituzionale rivestito da Milanese": lo scrive il pm di Napoli Vincenzo Piscitelli. "Assolutamente poco chiari i rapporti finanziari tra Tremonti e Milanese": lo scrive il gip di Napoli, Amelia Primavera. E dunque: perché il ministro decise di andare ad abitare nella casa per la quale Milanese versava al Pio Sodalizio un canone d'affitto di 8.500 euro al mese? E perché Tremonti, su questo canone mensile, ha pagato una quota di 4 mila euro, in contanti?

"La cosa più giusta è quella che ha detto Bossi  -  osserva adesso il ministro, chiuso nel suo ufficio di Via XX Settembre - ho fatto una stupidata, e di questo mi assumo la responsabilità di fronte agli italiani". È stata dunque una "leggerezza", aver accettato la proposta di un suo collaboratore: usare il suo appartamento per le trasferte nella Capitale. Tremonti rimanda al suo comunicato del 7 luglio, quando provò a troncare sul nascere l'ennesimo "ballo del mattone" che fa vacillare il Pdl, dallo scandalo Scajola in poi. "La mia unica abitazione è a Pavia. Mai avuto casa a Roma. Per le tre sere a settimana che da più di 15 anni trascorro a Roma, ho sempre avuto soluzioni temporanee, in albergo o in caserma. Poi ho accettato l'offerta dell'onorevole Milanese. Da stasera, per ovvi motivi di opportunità, cambierò sistemazione". Questo diceva Tremonti, un mese fa. Ora ha cambiato sistemazione, appunto. Ma resta sulla sua coscienza la consapevolezza di aver commesso, appunto, "una stupidata". Comunque grave. Gravissima per un ministro.
Nonostante questo, Tremonti non accetta di passare per un disonesto o un evasore fiscale. "Chi parla di evasione fiscale è in malafede. Questa accusa non la posso accettare. Sono in grado di dimostrare in modo tecnicamente e legalmente indiscutibile l'assoluta regolarità del mio comportamento, e del mio contributo alle spese di quell'affitto". Non lo toccano le nuove carte uscite dall'inchiesta Enav, né la ricostruzione dell'imprenditore Tommaso Di Lernia, secondo il quale l'affitto della casa non lo pagava Milanese, ma un altro imprenditore, Angelo Proietti, che in cambio otteneva sub-appalti. "È una storia di cui non so nulla  -  commenta il ministro - non conosco quell'imprenditore indagato, non so nulla del contesto nel quale ha raccontato quei fatti".

Ma la novità clamorosa, che emerge dallo sfogo di Tremonti sull'intera vicenda, non riguarda tanto le spiegazioni "formali" sulla quota d'affitto versata a Milanese, quanto piuttosto le ragioni "sostanziali" che lo spinsero ad accettare il "trasloco". Tra le righe, il ministro accenna qualcosa, proprio nel primo comunicato del 7 luglio. "Per le tre sere a settimana che da più di 15 anni trascorro a Roma, ho sempre avuto soluzioni temporanee, in albergo o in caserma. Poi ho accettato l'offerta dell'onorevole Milanese...". Questo è il punto cruciale. Per molti anni, e per l'intera legislatura 2001-2006 in cui è ministro, Tremonti dorme "in albergo o in caserma". Ma a un certo punto, dal febbraio 2009, decide di "accettare l'offerta dell'onorevole Milanese". Cosa lo spinge a farlo? Non il risparmio. Anzi, l'appartamento di Via Campo Marzio gli costa, mentre l'albergo lo paga il ministero, e la caserma la paga la Guardia di Finanza. E allora? Perché Tremonti decide di traslocare?
"La verità è che, da un certo momento in poi, in albergo o in caserma non ero più tranquillo. Mi sentivo spiato, controllato, in qualche caso persino pedinato...". Eccolo, il "movente" che il ministro alla fine rende pubblico, dopo oltre un mese di tiro al bersaglio contro di lui. Ecco la "bomba", che Tremonti fa esplodere nel nucleo di uno scandalo che non è suo (o almeno non solo suo) ma semmai dell'intero sistema di potere berlusconiano. L'aveva fatto capire lui stesso, il 17 giugno scorso, nel colloquio con il pm Piscitelli che lo aveva ascoltato come testimone. In quell'occasione Piscitelli fa sentire al ministro un'intercettazione telefonica (registrata nell'inchiesta sulla P4 di Bisignani) tra Berlusconi e il Capo di Stato Maggiore Michele Adinolfi. Ed è allora che  -  come si legge nell'ordinanza  -  "il ministro riferisce dell'esistenza di "cordate" nella Guardia di Finanza, che si sono costituite in vista della nomina del prossimo Comandante Generale, precisa come alcuni rappresentanti di quel Corpo siano in stretto contatto con il presidente del Consiglio".

Dunque, nella guerra per bande dentro la GdF, Tremonti sa da tempo di essere nel mirino di una "banda". In particolare, di quella che riferisce direttamente al premier. Lo dice lui stesso a Berlusconi, in un colloquio di cui parla proprio il generale Adinolfi, a sua volta interrogato da Piscitelli il 21 giugno (quattro giorni dopo il ministro). "Berlusconi  -  racconta il generale  -  mi mandò a chiamare, dicendomi che Tremonti gli aveva fatto una "strana battuta" allusiva, paventando che tramassi ai danni del ministro. Chiamò Tremonti davanti a me e lo rassicurò". Evidentemente quelle rassicurazioni non servono a nulla. "Vittima" di questa guerra per bande fin dal 2009, quando cominciano i primi dissapori interni alla maggioranza e il Cavaliere comincia a sospettare degli "inciuci" tremontiani con la Lega e delle sue mire successorie dentro il Pdl, il ministro dell'Economia non si sente "tranquillo". Al contrario, si sente "spiato". E ora lo dice, apertamente: "In tutta franchezza, non me la sentivo più di tornare in caserma. Per questo, a un certo punto, ho accettato l'offerta di Milanese. L'ospitalità di un amico, presso un'abitazione che non riportava direttamente al mio nome, mi era sembrata la soluzione per me più sicura".

Una scusa estrema, e tardiva, di un uomo disperato? Difficile giudicare. Ma questa è la ricostruzione di Tremonti. Se è vera, siamo al nocciolo duro del "metodo di governo" berlusconiano, che incrocia le P3 e le P4, la Struttura Delta e la "macchina del fango", gli apparati dello Stato e il malaffare economico. "Non accetterò che si usi contro di me il metodo Boffo", ha detto il ministro al Cavaliere, in un drammatico faccia a faccia dei primi di giugno, quando gli apparati del premier lo lavoravano ai fianchi, per convincerlo a dimettersi. Forse siamo ancora dentro quel film. Se è così, è più brutto e più serio della pur imperdonabile "stupidata" di Tremonti.
(28 luglio 2011) Fonte la Repubblica 

Finmeccanica, fondi neri inchiesta interna di Enav
INTERESSI OCCULTI dietro all'installazione del radar a Isola delle Femmine? 




"A Milanese 10mila euro al mese per pagare la casa di Tremonti"

Le rivelazioni dell'imprenditore Di Lernia nell'indagine Enav. Secondo il teste il ministro sarebbe stato ricattato per la conferma di Guaraglini a Finmeccaninca


di CARLO BONINI e MARIA ELENA VINCENZI
                                                                 
ROMA - Dal carcere, dove è precipitato con l'accusa di corruzione nell'inchiesta sugli appalti Enav e finanziamento illecito per aver acquistato lo yacht da 24 piedi di Marco Milanese, un uomo racconta a verbale una "verità de relato" capace, se riscontrata, di travolgere il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. L'uomo è Tommaso Di Lernia (nel giro, lo chiamano "er cowboy"). È un ex muratore che si è fatto imprenditore edile e che si trova al crocevia di tre vicende annodate tra loro: Finmeccanica, gli appalti Enav, i rapporti incestuosi tra l'ex consigliere politico del ministro e imprenditori corrotti. Il suo racconto svela tre circostanze. La prima: l'affitto della casa abitata dal ministro in via di Campo Marzio, era pagato non da Marco Milanese ma da un imprenditore, Angelo Proietti, che in cambio avrebbe ricevuto subappalti in Enav. Lo stesso che quella casa aveva ristrutturato gratuitamente e che è oggi accusato di corruzione per gli appalti ottenuti dalla sua impresa, la "Edilars", con Sogei (società pubblica partecipata al 100 per cento dal Tesoro). La seconda: Tremonti venne ricattato da Lorenzo Cola, uomo del Presidente di Finmeccanica, perché fosse costretto a riconfermare Pierfrancesco Guarguaglini al vertice della holding e la pressione decisiva fu il "dossier" che Cola aveva sulla compravendita della barca di Milanese, sull'affitto della casa, e "sulle sue altre porcate". La terza: Di Lernia
chiese a Milanese una pressione sull'Agenzia delle Entrate perché ammorbidisse la verifica sulla sua società "Print Sistem".

"Ho deciso di parlare"
Il verbale, dunque. È l'11 luglio e alle 13 e 10, nel carcere di Regina Coeli, Di Lernia compare di fronte al gip Anna Maria Fattori per il suo interrogatorio di garanzia. Di Lernia è accusato di corruzione e frode fiscale nell'inchiesta condotta dai pm Paolo Ielo e Giancarlo Capaldo sugli appalti Enav. Nella ricostruzione dell'accusa, la sua società, la "Print sistem" è infatti lo snodo cruciale del Sistema di appalti e corruzione con cui, attraverso un gioco di sovrafatturazioni, la "Selex Sistemi integrati" (Finmeccanica) di Marina Grossi, per la quale Di Lernia lavora in subappalto, è riuscita a creare fondi neri necessari a corrompere il management dell'Ente e i suoi referenti politici. Ma l'11 luglio, Di Lernia ha un nuovo problema. Una seconda ordinanza di custodia cautelare, chiesta e ottenuta dal pm Ielo, lo accusa di aver acquistato nel 2010 lo yacht di Marco Milanese a condizioni capestro che ne svelano le vere ragioni. Convincere l'allora consigliere politico di Tremonti a pilotare la nomina di Fabrizio Testa al vertice di Technosky (società di Enav). È una nuova mazzata che convince Di Lernia a uscire dal suo silenzio. A scrivere e consegnare al magistrato che lo interroga un memoriale (che gli guadagnerà, di lì a qualche giorno, gli arresti domiciliari). "L'indagato - annota il gip - acconsente a rispondere alle domande, consultando degli appunti che vengono sottoscritti e allegati al presente verbale".

"Milanese, Proietti, la casa di Tremonti"
Di Lernia conferma di aver acquistato lo yacht di Milanese. Le ragioni per cui l'operazione si fece: risolvere un problema al consigliere del ministro, piazzare Testa in "Technosky". Ma, spiega, la sua non fu una scelta, ma l'obbedienza dovuta a un uomo cui doveva tutto: Lorenzo Cola, il "facilitatore" di Pierfrancesco Guarguaglini, che, per conto di Finmeccanica, governa appalti e subappalti in Enav. "Cola - dice Di Lernia - non mi volle dire chi era il proprietario della barca. Mi disse solo che l'ordine era arrivato dal Palazzo, intendendo Finmeccanica nella persona del Presidente, e dunque che non mi sarei potuto sottrarre. A Cola non si poteva dire di no, e quindi gli chiesi dove avrei dovuto prendere il milione e mezzo di euro per l'acquisto della barca. Lui mi rispose: "Tirali fuori dagli utili che hai dal lavoro che ti diamo"". Quando Di Lernia scopre che il venditore è Marco Milanese, il nome non gli dice nulla. "Confesso la mia stupidità. Poi, tempo dopo, di Milanese mi parlò Cola. Mi disse che era uno che "capiva poco" e "mangiava tanto". Che era "un problema per Tremonti", una sorta di inconveniente imbarazzante". Di Lernia impara a conoscere Milanese, ma, soprattutto ne afferra un segreto. "Sentii parlare di Milanese da Guido Pugliesi, amministratore delegato di Enav. Mi disse che era stanco delle pressioni di Milanese per Testa a "Technosky", ma mi chiese contestualmente di dare lavoro a un certo Angelo Proietti per i subappalti all'aeroporto di Palermo, un lavoro per il quale Cola aveva già deciso che l'affidamento fosse dato alla "Electron", del gruppo Finmeccanica, e al sottoscritto". Perché far lavorare questo Angelo Proietti e la sua "Edilars" nei subappalti Enav? Di Lernia non se lo spiega. Ne chiede conto a Cola. "Mi disse che di Proietti gli aveva parlato Milanese, descrivendolo con queste parole: "È il tipo che mi dà solo 10 mila euro al mese per pagare l'affitto a Tremonti". Aggiunse di dire a Pugliesi di stare tranquillo perché lo avrebbe fatto chiamare da Milanese e comunque aggiunse che, in un immediato futuro, Selex avrebbe dato a Proietti dei lavori a Milano".

Il ricatto a Tremonti. "Un blitz per ricordargli le porcate"
A giugno del 2010, accade dell'altro. "Mi chiamò Cola e mi spiegò di essere dispiaciuto per avermi fatto acquistare la barca. Mi disse: "Quel verme di Milanese sta sostenendo la candidatura di Flavio Cattaneo a Finmeccanica, invece di Guarguaglini. In più, ho saputo che ha fatto delle estorsioni a delle persone a Napoli. E Tremonti non risponde al telefono a Guarguaglini"". A Di Lernia, Cola confida qualcosa di più, che è pronto a usare anche la storia della "barca" e della casa per vincere la partita su Finmeccanica: "Cola aggiunse che questa storia non la mandava giù e dunque avrebbe organizzato un blitz dal ministro (Tremonti) per mostrargli l'evidenza e la portata delle porcate commesse da lui e dai suoi consiglieri. Che di sicuro avrebbe cambiato idea sui vertici di Finmeccanica. Tanto è vero che poco tempo dopo, Milanese mi fece sapere per il tramite di Testa che Guarguaglini sarebbe stato riconfermato. E fu Cola, poi, a dirmi che il blitz era andato a segno".

"Ammorbidire l'accertamento fiscale"
Di Lernia incontra Proietti nell'estate 2010 perché, dopo l'arresto di Cola (8 luglio), è diventato lui il suo "canale" con Milanese. Una prima volta lo incrocia in Enav, nell'ufficio di Pugliesi, che lo convoca per sollecitarlo "a chiudere l'acquisto della barca". Una seconda volta, in piazza del Parlamento, per risolvere un suo "problema". "Portai a Proietti un incartamento riguardante un accertamento dell'Agenzia delle Entrate per il 2005. Gli dissi che volevo "una parola buona" con l'Agenzia, di cui temevo l'accanimento. Tre giorni dopo, Proietti mi diede appuntamento in piazza del Parlamento e mi disse di stare tranquillo perché Milanese aveva interceduto con Attilio Befera (direttore dell'Agenzia)". Ma, a dire di Di Lernia, in senso opposto. "Mi hanno fatto una multa di 18 milioni di euro. Roba carnevalesca. Milanese deve essere intervenuto al contrario, proprio per dimostrare che non esistevano connessioni".

 

 

 

 

 

 



Tremonti: "Una stupidata quella casa
ci andai perché mi sentivo spiato"

Le spiegazioni offerte dal ministro sulla discussa offerta di Milanese colpiscono l'intero sistema di potere berlusconiano. Il titolare del Tesoro temeva di essere vittima di una guerra tra bande dentro la Finanza. "In caserma non ero tranquillo: ero controllato, pedinato". "Chi parla di evasione fiscale è in malafede: posso dimostrare l'assoluta regolarità del mio comportamento"

di MASSIMO GIANNINI

"LO RICONOSCO. Ho fatto una stupidata. E di questo mi rammarico e mi assumo tutte le responsabilità. Ma in quella casa non ci sono andato per banale leggerezza. Il fatto è che prima ero in caserma ma non mi sentivo più tranquillo. Nel mio lavoro ero spiato, controllato, pedinato. Per questo ho accettato l'offerta di Milanese...". Finalmente, dopo lunghi giorni di imbarazzi e di silenzi, ecco la versione di Giulio Tremonti, al culmine di un assedio che lo vede all'angolo da un mese, e che rischia di farlo cadere da un giorno all'altro. Non una banale giustificazione "tecnica". Ma una brutale ricostruzione politica che, se autentica, tocca il cuore del sistema di potere berlusconiano.

Il "partito degli onesti" è un grumo di malaffari pubblici e di rancori privati. Un ministro dell'Economia, che ha appena imposto agli italiani una stangata da 48 miliardi di euro, si può pagare l'affitto di casa in nero? In quale altra democrazia occidentale sarebbe pensabile un simile cortocircuito etico e politico? Impensabile, insostenibile.

E infatti Tremonti è nell'occhio del ciclone. Non solo le rivelazioni che si inseguono ogni giorno, dalle carte dell'inchiesta sulla P4 e sull'Enav. Non solo le opposizioni che chiedono conto, rimpallando sul centrodestra una "questione morale" che si vorrebbe invece intestata al solo centrosinistra. Ma anche il "fuoco amico" del Pdl, con Berlusconi che non risparmia i veleni, i suoi "volenterosi carnefici" che si prodigano a mescolarli
e i giornali di famiglia che non smettono di inocularli nel circuito politico-mediatico.
Da settimane sulla graticola, Tremonti tenta ora di passare al contrattacco. Di cose da chiarire ce ne sono tante. Basta rileggere le ordinanze dei giudici e dei pm. Tra il ministro e il deputato del Pdl "c'è uno stretto e attuale rapporto fiduciario che prescinde dal ruolo istituzionale rivestito da Milanese": lo scrive il pm di Napoli Vincenzo Piscitelli. "Assolutamente poco chiari i rapporti finanziari tra Tremonti e Milanese": lo scrive il gip di Napoli, Amelia Primavera. E dunque: perché il ministro decise di andare ad abitare nella casa per la quale Milanese versava al Pio Sodalizio un canone d'affitto di 8.500 euro al mese? E perché Tremonti, su questo canone mensile, ha pagato una quota di 4 mila euro, in contanti?

"La cosa più giusta è quella che ha detto Bossi  -  osserva adesso il ministro, chiuso nel suo ufficio di Via XX Settembre - ho fatto una stupidata, e di questo mi assumo la responsabilità di fronte agli italiani". È stata dunque una "leggerezza", aver accettato la proposta di un suo collaboratore: usare il suo appartamento per le trasferte nella Capitale. Tremonti rimanda al suo comunicato del 7 luglio, quando provò a troncare sul nascere l'ennesimo "ballo del mattone" che fa vacillare il Pdl, dallo scandalo Scajola in poi. "La mia unica abitazione è a Pavia. Mai avuto casa a Roma. Per le tre sere a settimana che da più di 15 anni trascorro a Roma, ho sempre avuto soluzioni temporanee, in albergo o in caserma. Poi ho accettato l'offerta dell'onorevole Milanese. Da stasera, per ovvi motivi di opportunità, cambierò sistemazione". Questo diceva Tremonti, un mese fa. Ora ha cambiato sistemazione, appunto. Ma resta sulla sua coscienza la consapevolezza di aver commesso, appunto, "una stupidata". Comunque grave. Gravissima per un ministro.
Nonostante questo, Tremonti non accetta di passare per un disonesto o un evasore fiscale. "Chi parla di evasione fiscale è in malafede. Questa accusa non la posso accettare. Sono in grado di dimostrare in modo tecnicamente e legalmente indiscutibile l'assoluta regolarità del mio comportamento, e del mio contributo alle spese di quell'affitto". Non lo toccano le nuove carte uscite dall'inchiesta Enav, né la ricostruzione dell'imprenditore Tommaso Di Lernia, secondo il quale l'affitto della casa non lo pagava Milanese, ma un altro imprenditore, Angelo Proietti, che in cambio otteneva sub-appalti. "È una storia di cui non so nulla  -  commenta il ministro - non conosco quell'imprenditore indagato, non so nulla del contesto nel quale ha raccontato quei fatti".

Ma la novità clamorosa, che emerge dallo sfogo di Tremonti sull'intera vicenda, non riguarda tanto le spiegazioni "formali" sulla quota d'affitto versata a Milanese, quanto piuttosto le ragioni "sostanziali" che lo spinsero ad accettare il "trasloco". Tra le righe, il ministro accenna qualcosa, proprio nel primo comunicato del 7 luglio. "Per le tre sere a settimana che da più di 15 anni trascorro a Roma, ho sempre avuto soluzioni temporanee, in albergo o in caserma. Poi ho accettato l'offerta dell'onorevole Milanese...". Questo è il punto cruciale. Per molti anni, e per l'intera legislatura 2001-2006 in cui è ministro, Tremonti dorme "in albergo o in caserma". Ma a un certo punto, dal febbraio 2009, decide di "accettare l'offerta dell'onorevole Milanese". Cosa lo spinge a farlo? Non il risparmio. Anzi, l'appartamento di Via Campo Marzio gli costa, mentre l'albergo lo paga il ministero, e la caserma la paga la Guardia di Finanza. E allora? Perché Tremonti decide di traslocare?
"La verità è che, da un certo momento in poi, in albergo o in caserma non ero più tranquillo. Mi sentivo spiato, controllato, in qualche caso persino pedinato...". Eccolo, il "movente" che il ministro alla fine rende pubblico, dopo oltre un mese di tiro al bersaglio contro di lui. Ecco la "bomba", che Tremonti fa esplodere nel nucleo di uno scandalo che non è suo (o almeno non solo suo) ma semmai dell'intero sistema di potere berlusconiano. L'aveva fatto capire lui stesso, il 17 giugno scorso, nel colloquio con il pm Piscitelli che lo aveva ascoltato come testimone. In quell'occasione Piscitelli fa sentire al ministro un'intercettazione telefonica (registrata nell'inchiesta sulla P4 di Bisignani) tra Berlusconi e il Capo di Stato Maggiore Michele Adinolfi. Ed è allora che  -  come si legge nell'ordinanza  -  "il ministro riferisce dell'esistenza di "cordate" nella Guardia di Finanza, che si sono costituite in vista della nomina del prossimo Comandante Generale, precisa come alcuni rappresentanti di quel Corpo siano in stretto contatto con il presidente del Consiglio".

Dunque, nella guerra per bande dentro la GdF, Tremonti sa da tempo di essere nel mirino di una "banda". In particolare, di quella che riferisce direttamente al premier. Lo dice lui stesso a Berlusconi, in un colloquio di cui parla proprio il generale Adinolfi, a sua volta interrogato da Piscitelli il 21 giugno (quattro giorni dopo il ministro). "Berlusconi  -  racconta il generale  -  mi mandò a chiamare, dicendomi che Tremonti gli aveva fatto una "strana battuta" allusiva, paventando che tramassi ai danni del ministro. Chiamò Tremonti davanti a me e lo rassicurò". Evidentemente quelle rassicurazioni non servono a nulla. "Vittima" di questa guerra per bande fin dal 2009, quando cominciano i primi dissapori interni alla maggioranza e il Cavaliere comincia a sospettare degli "inciuci" tremontiani con la Lega e delle sue mire successorie dentro il Pdl, il ministro dell'Economia non si sente "tranquillo". Al contrario, si sente "spiato". E ora lo dice, apertamente: "In tutta franchezza, non me la sentivo più di tornare in caserma. Per questo, a un certo punto, ho accettato l'offerta di Milanese. L'ospitalità di un amico, presso un'abitazione che non riportava direttamente al mio nome, mi era sembrata la soluzione per me più sicura".

Una scusa estrema, e tardiva, di un uomo disperato? Difficile giudicare. Ma questa è la ricostruzione di Tremonti. Se è vera, siamo al nocciolo duro del "metodo di governo" berlusconiano, che incrocia le P3 e le P4, la Struttura Delta e la "macchina del fango", gli apparati dello Stato e il malaffare economico. "Non accetterò che si usi contro di me il metodo Boffo", ha detto il ministro al Cavaliere, in un drammatico faccia a faccia dei primi di giugno, quando gli apparati del premier lo lavoravano ai fianchi, per convincerlo a dimettersi. Forse siamo ancora dentro quel film. Se è così, è più brutto e più serio della pur imperdonabile "stupidata" di Tremonti.
(28 luglio 2011) Fonte la Repubblica 

Finmeccanica, fondi neri inchiesta interna di Enav
INTERESSI OCCULTI dietro all'installazione del radar a Isola delle Femmine? 




"A Milanese 10mila euro al mese per pagare la casa di Tremonti"

Le rivelazioni dell'imprenditore Di Lernia nell'indagine Enav. Secondo il teste il ministro sarebbe stato ricattato per la conferma di Guaraglini a Finmeccaninca


di CARLO BONINI e MARIA ELENA VINCENZI
                                                                 
ROMA - Dal carcere, dove è precipitato con l'accusa di corruzione nell'inchiesta sugli appalti Enav e finanziamento illecito per aver acquistato lo yacht da 24 piedi di Marco Milanese, un uomo racconta a verbale una "verità de relato" capace, se riscontrata, di travolgere il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. L'uomo è Tommaso Di Lernia (nel giro, lo chiamano "er cowboy"). È un ex muratore che si è fatto imprenditore edile e che si trova al crocevia di tre vicende annodate tra loro: Finmeccanica, gli appalti Enav, i rapporti incestuosi tra l'ex consigliere politico del ministro e imprenditori corrotti. Il suo racconto svela tre circostanze. La prima: l'affitto della casa abitata dal ministro in via di Campo Marzio, era pagato non da Marco Milanese ma da un imprenditore, Angelo Proietti, che in cambio avrebbe ricevuto subappalti in Enav. Lo stesso che quella casa aveva ristrutturato gratuitamente e che è oggi accusato di corruzione per gli appalti ottenuti dalla sua impresa, la "Edilars", con Sogei (società pubblica partecipata al 100 per cento dal Tesoro). La seconda: Tremonti venne ricattato da Lorenzo Cola, uomo del Presidente di Finmeccanica, perché fosse costretto a riconfermare Pierfrancesco Guarguaglini al vertice della holding e la pressione decisiva fu il "dossier" che Cola aveva sulla compravendita della barca di Milanese, sull'affitto della casa, e "sulle sue altre porcate". La terza: Di Lernia
chiese a Milanese una pressione sull'Agenzia delle Entrate perché ammorbidisse la verifica sulla sua società "Print Sistem".

"Ho deciso di parlare"
Il verbale, dunque. È l'11 luglio e alle 13 e 10, nel carcere di Regina Coeli, Di Lernia compare di fronte al gip Anna Maria Fattori per il suo interrogatorio di garanzia. Di Lernia è accusato di corruzione e frode fiscale nell'inchiesta condotta dai pm Paolo Ielo e Giancarlo Capaldo sugli appalti Enav. Nella ricostruzione dell'accusa, la sua società, la "Print sistem" è infatti lo snodo cruciale del Sistema di appalti e corruzione con cui, attraverso un gioco di sovrafatturazioni, la "Selex Sistemi integrati" (Finmeccanica) di Marina Grossi, per la quale Di Lernia lavora in subappalto, è riuscita a creare fondi neri necessari a corrompere il management dell'Ente e i suoi referenti politici. Ma l'11 luglio, Di Lernia ha un nuovo problema. Una seconda ordinanza di custodia cautelare, chiesta e ottenuta dal pm Ielo, lo accusa di aver acquistato nel 2010 lo yacht di Marco Milanese a condizioni capestro che ne svelano le vere ragioni. Convincere l'allora consigliere politico di Tremonti a pilotare la nomina di Fabrizio Testa al vertice di Technosky (società di Enav). È una nuova mazzata che convince Di Lernia a uscire dal suo silenzio. A scrivere e consegnare al magistrato che lo interroga un memoriale (che gli guadagnerà, di lì a qualche giorno, gli arresti domiciliari). "L'indagato - annota il gip - acconsente a rispondere alle domande, consultando degli appunti che vengono sottoscritti e allegati al presente verbale".

"Milanese, Proietti, la casa di Tremonti"
Di Lernia conferma di aver acquistato lo yacht di Milanese. Le ragioni per cui l'operazione si fece: risolvere un problema al consigliere del ministro, piazzare Testa in "Technosky". Ma, spiega, la sua non fu una scelta, ma l'obbedienza dovuta a un uomo cui doveva tutto: Lorenzo Cola, il "facilitatore" di Pierfrancesco Guarguaglini, che, per conto di Finmeccanica, governa appalti e subappalti in Enav. "Cola - dice Di Lernia - non mi volle dire chi era il proprietario della barca. Mi disse solo che l'ordine era arrivato dal Palazzo, intendendo Finmeccanica nella persona del Presidente, e dunque che non mi sarei potuto sottrarre. A Cola non si poteva dire di no, e quindi gli chiesi dove avrei dovuto prendere il milione e mezzo di euro per l'acquisto della barca. Lui mi rispose: "Tirali fuori dagli utili che hai dal lavoro che ti diamo"". Quando Di Lernia scopre che il venditore è Marco Milanese, il nome non gli dice nulla. "Confesso la mia stupidità. Poi, tempo dopo, di Milanese mi parlò Cola. Mi disse che era uno che "capiva poco" e "mangiava tanto". Che era "un problema per Tremonti", una sorta di inconveniente imbarazzante". Di Lernia impara a conoscere Milanese, ma, soprattutto ne afferra un segreto. "Sentii parlare di Milanese da Guido Pugliesi, amministratore delegato di Enav. Mi disse che era stanco delle pressioni di Milanese per Testa a "Technosky", ma mi chiese contestualmente di dare lavoro a un certo Angelo Proietti per i subappalti all'aeroporto di Palermo, un lavoro per il quale Cola aveva già deciso che l'affidamento fosse dato alla "Electron", del gruppo Finmeccanica, e al sottoscritto". Perché far lavorare questo Angelo Proietti e la sua "Edilars" nei subappalti Enav? Di Lernia non se lo spiega. Ne chiede conto a Cola. "Mi disse che di Proietti gli aveva parlato Milanese, descrivendolo con queste parole: "È il tipo che mi dà solo 10 mila euro al mese per pagare l'affitto a Tremonti". Aggiunse di dire a Pugliesi di stare tranquillo perché lo avrebbe fatto chiamare da Milanese e comunque aggiunse che, in un immediato futuro, Selex avrebbe dato a Proietti dei lavori a Milano".

Il ricatto a Tremonti. "Un blitz per ricordargli le porcate"
A giugno del 2010, accade dell'altro. "Mi chiamò Cola e mi spiegò di essere dispiaciuto per avermi fatto acquistare la barca. Mi disse: "Quel verme di Milanese sta sostenendo la candidatura di Flavio Cattaneo a Finmeccanica, invece di Guarguaglini. In più, ho saputo che ha fatto delle estorsioni a delle persone a Napoli. E Tremonti non risponde al telefono a Guarguaglini"". A Di Lernia, Cola confida qualcosa di più, che è pronto a usare anche la storia della "barca" e della casa per vincere la partita su Finmeccanica: "Cola aggiunse che questa storia non la mandava giù e dunque avrebbe organizzato un blitz dal ministro (Tremonti) per mostrargli l'evidenza e la portata delle porcate commesse da lui e dai suoi consiglieri. Che di sicuro avrebbe cambiato idea sui vertici di Finmeccanica. Tanto è vero che poco tempo dopo, Milanese mi fece sapere per il tramite di Testa che Guarguaglini sarebbe stato riconfermato. E fu Cola, poi, a dirmi che il blitz era andato a segno".

"Ammorbidire l'accertamento fiscale"
Di Lernia incontra Proietti nell'estate 2010 perché, dopo l'arresto di Cola (8 luglio), è diventato lui il suo "canale" con Milanese. Una prima volta lo incrocia in Enav, nell'ufficio di Pugliesi, che lo convoca per sollecitarlo "a chiudere l'acquisto della barca". Una seconda volta, in piazza del Parlamento, per risolvere un suo "problema". "Portai a Proietti un incartamento riguardante un accertamento dell'Agenzia delle Entrate per il 2005. Gli dissi che volevo "una parola buona" con l'Agenzia, di cui temevo l'accanimento. Tre giorni dopo, Proietti mi diede appuntamento in piazza del Parlamento e mi disse di stare tranquillo perché Milanese aveva interceduto con Attilio Befera (direttore dell'Agenzia)". Ma, a dire di Di Lernia, in senso opposto. "Mi hanno fatto una multa di 18 milioni di euro. Roba carnevalesca. Milanese deve essere intervenuto al contrario, proprio per dimostrare che non esistevano connessioni".

 

 

 

 

 

 



Milanese e le pressioni sui testimoni

«Sulle nomine dovete negare tutto»

Il capo di gabinetto dell'Economia:  così il deputato distribuiva incarichi

Le carte / I verbali

Milanese e le pressioni sui testimoni

«Sulle nomine dovete negare tutto»

Il capo di gabinetto dell'Economia:
così il deputato distribuiva incarichi
ROMA - La conferma più diretta e autorevole che l'onorevole Marco Milanese - consigliere politico di Giulio Tremonti fino a due settimane fa, oggi destinatario di una richiesta d'arresto per corruzione, associazione a delinquere e altri reati - fosse il regista delle nomine nelle aziende a partecipazione statale, viene dal vertice stesso del ministero dell'Economia. Il capo di gabinetto di Tremonti, Vincenzo Fortunato, l'11 gennaio scorso ha parlato al pubblico ministero napoletano Piscitelli sia del ruolo dell'ex ufficiale della Guardia di finanza asceso al fianco del ministro, sia del meccanismo che conduce alla spartizione delle cariche decise dal suo dicastero.

LE NOMINE DI PROVENIENZA «POLITICA» - «Milanese si occupa dell'attività politica del ministro in senso ampio... - ha spiegato Fortunato -. Ha seguito, per conto del ministro, le nomine nelle società di primo livello le cui azioni sono detenute dal ministero-dipartimento del Tesoro; fra essi rientrano Eni, Enel, Anas, Fs, Poligrafico dello Stato, Sogei, Finmeccanica, Fincantieri, Enav ed altre». L'indicazione dei rappresentanti del ministero rientra fra le attività di indirizzo politico indicate dalla legge, continua il capo di gabinetto. E chiarisce che la «provenienza» delle designazioni è «in parte interna al dipartimento e in parte di provenienza "politica". In particolare la scelta di questi ultimi era il frutto di una mediazione tra le diverse componenti politiche della coalizione di governo, e spesso anche della concertazione con altri ministeri».
Il capo della settima Direzione del dipartimento del Tesoro, Francesco Parlato, ha riferito al magistrato la procedura per le nomine. Dopo un appunto del suo ufficio al ministro, «si apre una fase di ricerca da parte dell'organo politico per l'individuazione e condivisione dei nominativi, all'esito della quale il ministro fa pervenire le sue indicazioni». L'incarico di comunicarle «viene svolto dal maggio 2008 dall'onorevole Marco Milanese... Tutte queste nomine sono state seguite dall'onorevole Milanese».
Anche per quelle di «secondo livello» - un migliaio di cariche nelle società controllate dagli Enti pubblici che dovrebbero avvenire "piena autonomia" -, secondo Parlato la prassi è che avvengano «contatti preventivi e informali tra gli amministratori delle società capigruppo e gli organi di governo o di riferimento politico». E siccome Milanese s'interessava delle nomine superiori, «è presumibile, ma si tratta di una mia congettura, che i capi azienda abbiano fatto riferimento anche a lui per questa evenienza».
L'unico che non conosceva questa attività del consigliere di Tremonti sembra essere il segretario di Milanese, Paolo Iannariello, indagato nella stesso procedimento che riguarda il suo capo: «Non mi risultano competenze particolari attribuite al Milanese; non mi risulta che lo stesso segua le nomine di competenza del ministro nelle società partecipate».
 
 «MILANESE MI HA AIUTATO» - Ma il problema, secondo l'accusa, non è tanto la regia nell'attribuzione degli incarichi, quanto il fatto che Milanese avrebbe «venduto» almeno una parte di essi, in cambio di denaro o altre utilità. Per esempio quelli di Guido Marchese e Carlo Barbieri (commercialista e sindaco di Voghera), messi agli arresti domiciliari dal giudice di Napoli, che nell'ambito di una complicata e inusuale operazione di compravendita di una villa in Costa Azzurra, avrebbero fatto avere al deputato-designatore almeno centomila euro.
Ascoltato come testimone in due occasioni, al secondo interrogatorio Marchese - seduto su varie poltrone fra cui quelle dei collegi sindacali di Ansaldo Breda, Oto Melara, Ansaldo Energia, Sogin e Sace per circa centomila euro all'anno - ha ammesso l'intervento di Milanese: «Sono stato aiutato come tutti in questo genere di cose, e ho chiesto e ottenuto l'appoggio di Milanese certamente per il mio incarico in Ansaldo Breda, nella Oto Melara e certamente anche nella Sogin e anche nella Sace». Il pubblico ministero domanda come ha saputo dell'intervento di Milanese, e Marchese risponde: «Dopo le mie richieste è stato lui a dirmi di aver segnalato il mio nominativo alle diverse società controllate dal ministero, tra le quali quelle di Finmeccanica... Mi risulta che anche Barbieri abbia ottenuto un incarico nel consiglio di amministrazione di Federservizi (società controllata dalle Ferrovie dello Stato, ndr ) per intervento del Milanese».
La deposizione con le ammissioni di Marchese non è stata del tutto tranquilla, dopo che il pm Piscitelli gli ha contestato di aver taciuto, nel precedente interrogatorio, un incontro con Milanese prima di presentarsi al magistrato. «Non avevo capito la domanda, le chiedo scusa», s'è giustificato il testimone. Divenuto indagato anche in virtù delle telefonate intercettate dalla Digos di Napoli in cui s'intuiscono la preoccupazione e l'attivismo di Milanese proprio per le testimonianze di Marchesi, Barbieri e un'altra persona coinvolta nella compravendita della villa in Costa Azzurra, l'agente immobiliare Sergio Fracchia.

«DEVONO NEGARE TOTALMENTE» - Il 20 gennaio scorso, vigilia della prima convocazione di Marchese e Barbieri, la polizia ha registrato una conversazione tra Barbieri e Fracchia, il quale - dopo aver chiesto se la linea era «a posto» e «pulita», nel senso di non intercettata - si lancia: «Allora, ho sentito il mister... da specificare bene, alle domande che faranno, che sicuramente chiederanno perché avete comprato queste... E ha detto "è un amico comune che ci ha fatto prendere, perché noi avevamo già fatto delle operazioni immobiliari in Francia, c'era un affare e l'abbiamo fatto". Perché dove andranno a puntare, mi ha detto l'amico, è se avete fatto questo in cambio di qualche cosa... Di qualche nomina... negare totalmente».
Barbieri sembra acconsentire («Non è vero, non è vero») e Fracchia insiste: «Esatto, poi se picchiano sulla villa, da dire sempre per un discorso di investimento (...) Mi raccomando perché... mi ha chiamato quattrocento volte». Investigatori e inquirenti sono certi, per i riscontri con altri atti d'indagine, che «il mister» altri non sia che Marco Milanese, inquieto per l'inchiesta in corso.
Due giorni prima del secondo interrogatorio di Marchese, Milanese richiama Fracchia: «Gli dici se magari da un telefono pubblico o da una cabina, più tardi, anche domani, mi dà un colpo di telefono, così gli dico un po'. Perché tanto... loro vogliono battere sulla faccenda nomine... son matti, ragazzi...». Timoroso di essere ascoltato, il deputato avverte che Marchesi deve chiamarlo da telefoni non suoi, e i numeri controllati non registrano altri colloqui sul tema: a dimostrazione, annota la polizia, «che le successive comunicazioni sono avvenute attraverso canali per loro sicuri».
Il 4 febbraio anche Fracchia viene ascoltato dagli investigatori sulla compravendita della villa, e tre ore prima Milanese lo chiama: «Tutto a posto comunque, sì?», domanda. «Sto andando adesso», risponde Fracchia. E Milanese incalza: «Ricordati di dire che loro l'avevano comprata perché avevano il cliente. (...) Se ti dicono qualcosa, nomine non nomine, non sai un cazzo. Dici "ma che dici?", poi basta».
GLI ACCERTAMENTI SULLA FINANZA
L'indagine della Procura di Napoli prosegue sul fronte delle nomine gestite da Milanese ma anche sui suoi rapporti all'interno delle Fiamme gialle, di cui ha fatto parte fino al congedo di sette anni fa e nelle quali ha mantenuto saldi legami. Lo stesso giudice che ne ha chiesto l'arresto ha ricordato come l'inchiesta debba «individuare gli esponenti della Guardia di finanza che hanno comunicato al Milanese o a persone a lui vicine le notizie relative alle investigazioni», che poi il deputato «rivendeva» agli inquisiti. Come l'imprenditore Paolo Viscione, al quale Milanese comunicò che era intercettato il giorno stesso in cui erano cominciate le operazioni di ascolto. Viscione ha raccontato che un giorno il consigliere di Tremonti gli fece vedere perfino le trascrizioni delle conversazioni registrate, intimandogli di non parlare più al telefono. Da quale «talpa» siano arrivate notizie e carte, è uno dei misteri da svelare.
11 luglio 2011 19:35

Fonte il Corriere

 P4, tutti i segreti di Milanese in cinque cassette di sicurezza

Per aprire quei depositi servirà l'autorizzazione da parte della Camera dei deputati. L'ex finanziere "mediatore" per gli affari della Sogei. Sotto osservazione anche l'affitto di altri immobili del Pio sodalizio dei Picenidi CONCHITA SANNINO

 NAPOLI - Un fil rouge, di "stretta rappresentanza" e forse di reciproca convenienza, correva direttamente tra Marco Milanese e la società del Ministero delle Finanze, Sogei, coinvolta nella vicenda della "casa del ministro", e già al centro di sospetti crescenti. È il link che mancava a una partita di giro che non promette nulla di buono. E rischia di svelare - ancora una volta dopo la Anemone story - una vicenda di appalti trattati come favori personali, di commesse e lavori pubblici trasformati in merce di scambio privato. Così come il mistero di quelle cassette di sicurezza appena sigillate a Roma. Non una, ma cinque cassette, tutte appartenenti al deputato Pdl Milanese, sono finite da poche ore sotto sequestro del pm Vincenzo Piscitelli della Procura. Materiale impenetrabile fino a quando la Camera non rilascerà il suo sì, specifico, alla richiesta di autorizzazione per la perquisizione. Che cosa custodivano? Carte, appunti o anche la prova della presunta corruzione?

Gli ultimi segreti dell'inchiesta che travolge Milanese - fin dal 2001 fedelissimo braccio destro del ministro Giulio Tremonti, poi suo consigliere politico, nonché deputato per il quale pende alla Camera la richiesta di arresto trasmessa dal Gip con le accuse di associazione per delinquere, corruzione e rivelazione di segreto - sono (o erano) forse nascosti in quel caveau della Banca del Credito Artigiano a Roma, a due passi dalla sede del Ministero di via XX Settembre.
Ma poiché quei contenitori sono equiparati ad
una pertinenza di attività parlamentare, solo un'autorizzazione dedicata da parte dell'aula di Montecitorio, che si pronuncerà con un voto distinto rispetto all'eventuale esecuzione dell'ordinanza di custodia, potrà consentirne l'apertura alla giustizia. Sempre che qualcuno non ne abbia fatto già sparire il contenuto. Sarà una coincidenza, ma il perito Luigi Mancini, incaricato dal pm, ha già accertato che alcuni ripetuti accessi di Milanese a quelle cassette sono avvenuti a metà dicembre scorso: ovvero subito dopo l'arresto di Paolo Viscione, che già nelle intercettazioni a suo carico, ben note a Milanese, lanciava messaggi.

"Se mi stanno ascoltando è meglio, lo dico io che pezzo di m... è questo. Io voglio uscire da questa storia perché quando vengo ricattato dalla politica, da questo Milanese che si fotte i soldi, io non voglio averci più a che fare". Viscione, imprenditore-faccendiere sotto accusa per una mega truffa da 30 milioni, una volta in carcere, si sarebbe trasformato nella gola profonda della "holding Milanese", l'uomo che racconta di aver riversato sul consigliere del ministro "una milionata di euro cash" nel corso di quattro anni, oltre a lussuose auto, gioielli, orologi d'oro, viaggi. Dopo le sue parole, c'è chi s'affretta a far sparire gioiellini?

Non è l'unica novità che allarga l'orizzonte dell'inchiesta. Emerge ora quel filo rosso che collega direttamente le ombre che avvolgono la gestione della società pubblica Sogei a Milanese. Una connessione importante è ora nelle mani del pm. L'ha fornita un teste, Angelo Lorenzoni, Segretario generale del Pio Sodalizio dei Piceni. Che racconta: "La Sogei ha preso in fitto alcuni importanti locali di nostra proprietà. Due immobili in via del Parione, primo e terzo piano, e poi un salone affrescato, per riunioni o eventi, in via San Salvatore a Lauro". Contratto: 8.500 euro al mese. Ebbene, chi condusse le trattative per conto di Sogei? "Marco Milanese, era lui il loro volto", dice Lorenzoni. Stesso concetto confermato da un'altra importante teste, la dottoressa Fabrizia La Pecorella, alto funzionario di via XX Settembre: "Sì, Milanese era l'uomo di raccordo tra Sogei e il Ministero". Quel filo, faticosamente riavvolto, racconta dunque: c'è Sogei, la società di Information and Communication Technology del Ministero dell'Economia e delle Finanze che elargisce appalti ad affidamento diretto in gran numero (anche) all'impresa Edil Ars.

Quest'ultima, guarda caso, esegue lavori onerosi di ristrutturazione nell'appartamento che sta più a cuore a Milanese: la residenza cinquecentesca al piano nobile di via Campo Marzio abitata (fino a quattro giorni fa) dal ministro Tremonti, ma pagata (sempre 8.500 euro al mese) da Milanese. Quel cantiere di consolidamento e ristrutturazione è costato, testimonianze alla mano, oltre 200mila euro, che però non risultano mai pagati alla Edil Ars: né dal Milanese - come da accordi presi con il proprietario - tantomeno dal ministro, ignaro ospite. È denaro che è stato restituito sotto forma di appalti? Quei lavori nella casa eccellente sono stati saldati con denaro pubblico? Un'ipotesi che gli inquirenti non possono escludere.
(11 luglio 2011)



Sempre più nei guai Marco Milanese (Pdl), l'ex consigliere politico di Tremonti al ministero del Tesoro. Nei suoi confronti è stata emessa un'ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Il provvedimento, emesso su richiesta del pm Vincenzo Piscitelli della sezione Criminalità economica della Procura di Napoli, è stato trasmesso oggi alla Camera dei Deputati per l'autorizzazione all'arresto.

Le accuse contestate sono di corruzione, rivelazione di segreto d'ufficio e associazione per delinquere.


Pagava la casa romana di Tremonti

Tra e novità emerse nelle ultime ore, una che creerà non poco imbarazzo a Tremonti. Milanese pagava, infatti, l'affitto della sua casa romana (ben 8.500 euro al mese).
Il ministro afferma che la lascerà subito e che era solo un ospite di Milanese.
Certo, dopo il caso Scajola e quello della casa di Fini a Montecarlo, è singolare che un altro ministro incappi in una sotria di case.

La richiesta di arresto del Gip di Napoli

La richiesta d'arresto è stata firmata dal gip del Tribunale di Napoli Amalia Primavera, su richiesta del pm Vincenzo Piscitelli ed è stata trasmessa ieri alla Camera, che dovrà pronunciarsi sulla autorizzazione all'arresto.
La misura cautelare è dovuta allo sviluppo delle indagini su una serie di irregolarità in cui fu coinvolto nei mesi scorsi l'imprenditore Paolo Viscione, in relazione alle attività delle sue società, tra cui l'Arteinvest.

Avrebbe rivelato notizie riservate

Milanese, ''in concorso con ufficiali della Guardia di Finanza allo stato non identificati'', avrebbe rivelato a Viscione (anch'egli indagato e ora diventato il 'grande accusatore') notizie riservate sulle indagini svolte dalla stessa Gdf sul suo conto e sulle sue società.
E avrebbe violato, quindi, i doveri d'ufficio inerenti, prima, la sua funzione di aiutante di campo del ministro dell'Economia e, poi, di consigliere politico dello stesso ministro Tremonti.


L'affitto per la casa romana di Tremonti

Milanese avrebbe anche pagato l'affitto dell'abitazione romana del ministro dell'Economia.
In cambio di queste notizie, di interventi volti a ''rallentare'' le indagini (''ponendo in essere iniziative verso gli organi e gli appartenenti alla Gdf delegati all'investigazione'') e della promessa, alla fine, di ''sistemare positivamente ogni cosa'', si sarebbe fatto consegnare da Viscione somme di denaro (secondo l'accusa almeno 450.000 euro in contanti), ma anche orologi di valore, gioielli e auto di lusso come una Ferrari Scaglietti e una Bentley, oltre al pagamento di viaggi e soggiorni all'estero.


Un Capodanno a New York con la portavoce del ministro

Tra i viaggi "estorti" ci sarebbe anche un Capodanno a New York, con la sua compagna Manuela Bravi, portavoce di Tremonti, all'Hotel Plaza dove avrebbero alloggiato anche ''la Ferilli, De Sica e Cattaneo''.


Arrestato anche il sindaco di Voghera

Gli agenti della Digos di Napoli hanno eseguito anche altre due ordinanze agli arresti domiciliari: destinatari il sindaco di Voghera, Carlo Barbieri, e il commercialista Guido Marchese, anch'egli di Voghera, entrambi accusati di corruzione, in concorso con Milanese.


Nomine importanti in cambio di denaro

Milanese, nella sua qualità di consigliere politico del ministro dell'Economia ''e da quest'ultimo delegato alle iniziative di raccordo con la maggioranza parlamentare di governo finalizzate all'individuazione dei nominativi da segnalarsi nelle società controllate dallo stesso ministero'', avrebbe prima promesso e poi assicurato l'attribuzione di nomine e incarichi vari in cambio di ''somme di denaro e altre utilita' in corso di preciso accertamento''.


La vendita di immobili in  Francia

A questo riguardo l'attenzione degli investigatori è concentrata sulla vendita di alcuni immobili posseduti da Milanese in Francia ad alcune persone, tra cui proprio Marchese e Barbieri.
''Le numerose incongruenze relative a tale compravendita - spiega la Procura - hanno consentito di ritenere che Milanese avesse favorito l'attribuzione di incarichi per Barbieri e Marchese in diverse società controllate dal ministero dell'Economia''.

100.000 euro per un consiglio di amministrazione

In particolare la nomina di Marchese (che avrebbe corrisposto somme ''non inferiori a centomila euro'') a componente del collegio sindacale di Ansaldo Breda, Oto Melara, Ansaldo Energia, Sogin e Sace e di Barbieri a consigliere di amministrazione di Ferservizi spa, società controllata dalle Ferrovie dello Stato.


La Procura di Napoli chiede anche l'arresto di Papa (Pdl)

L'iniziativa della magistratura napoletana giunge all'indomani dell'intervento davanti alla Giunta per le autorizzazioni a procedere di Alfonso Papa, altro parlamentare del Pdl per il quale gli inquirenti partenopei chiedono l'arresto.
''La Procura di Napoli non guarda in faccia a nessuno. Carabinieri, poliziotti, guardia di finanza, onorevoli o magistrati sono tutti uguali'', ha detto il procuratore di Napoli, Giovandomenico Lepore rispondendo alle domande dei cronisti a margine di una conferenza stampa indetta per illustrare i risultati di una operazione antidroga.
''Sono maturate contemporaneamente situazioni sulle quali indagavamo da tempo - ha aggiunto Lepore riferendosi alle richieste di arresto per Papa e Milanese - Non credo che la Procura sarà attaccata e resterà isolata, forse ci sarà una reazione.
Saremo accusati di sollevare un polverone come è già stato fatto. Siamo qui pronti a replicare''.  

 

Coinvolto nell'inchiesta P4

Lo scorso 26 giugno Milanese si era dimesso dall'incarico di consigliere politico del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, a causa della diversa inchiesta sulla P4 in cui aveva reso testimonianza come persona informata di fatti, per "salvaguardare l'ufficio in un momento così delicato per la stabilità economica e politica del paese - aveva spiegato annunciando le dimisioni- dalle polemiche sollevate da una doverosa testimonianza".

guardia di finanza, enav, fiamme gialle,guardia di finanza,maxi,riciclaggio di denaro,Cola,ENAC,Riggio,Isola delle Femmine,Cogim,Selex,Grossi,Techno Sky,Mokbel,Saccà,RAI,Vaduz,Bassolino,Tremonti,Vito Bonsignore,Berlusconi,Banco Santo Spirito,Finmeccanica,Enav,Brunetta,Sacconi,Amelia Primavera,

Milanese,Tucci,Bisignani,Guido Marchese,Carlo Barbieri,Fabrizio Testa,De Michelis,TecnoSky,Eurotec,Vincenzo Piscitelli,Sogepa,Federservizi,Paolo Viscione,Angelo Proietti,Michele Adinolfi,Henry John Woodcock,Francesco Curcio

 

 

 

 




I cambi merce di Milanese
Ville e yacht per distribuire nomine e ottenere notizie riservate.
di Adelaide Pierucci

 
Operazioni sporche coperte dal lusso. Non solo la Ferrari e la Bentley, e i Mirò per la fidanzata, pretesi come cadeau. Ma la villa in Costa Azzurra e lo yacht.Comprava e rivendeva in nome delle tangenti Marco Milanese, il potente deputato del Pdl, ex consulente del ministero del Tesoro, che ha ospitato nella sua casa romana da 8.500 euro al mese il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, e su cui alla Camera dal 7 luglio pende un ordine di arresto firmato da Napoli.
Il gip Amelia Primavera nell'ordinanza ha ricostruito un preciso modus operandi: vendita a maggior valore per nascondere tangenti. Mazzette intascate in cambio di nomine. «Nella sua qualità di consigliere politico del ministro dell'Economia, ha promesso prima, e assicurato poi, l'attribuzione di nomine e incarichi in diverse società controllate dal ministero, ricevendo come corrispettivo somme di denaro e altre utilità».
LA CASA IN COSTA AZZURRA. Nel caso dei professionisti di Voghera, il sindaco Guido Marchese e il commercialista Carlo Barbieri (ora agli arresti domiciliari in base alla stessa ordinanza), 100 mila euro rifilati dalla cresta per la vendita di una casa in Costa Azzurra dopo essere stati piazzati in società che fanno capo a Finmeccanica.
Si stima una cifra di 500 mila euro invece dietro all'affare yacht rivenduto in maniera supervalutata, secondo i magistrati, alla società Eurotec collegata a Fabrizio Testa, poi nominato nel consiglio d'amministrazione di Enav e presidente di TecnoSky. Troncone d'indagine questo finito nella procura di Roma con l'ipotesi di finanziamento illecito ai partiti.
COMPRAVENDITE AL POSTO DI CASH. Non bustarelle, non cash insomma. Secondo il pm Vincenzo Piscitelli, Milanese, ex ufficiale della Guardia di Finanza, conoscerebbe bene il mondo finanziario e i metodi d'indagine. Meglio quindi coprire le manovre economiche con compravendite. Milanese ha informato Marchese dell'intenzione di voler vendere la villa in Costa Azzurra, valore 1 milione e 600 mila euro.
Intanto Marchese e Barbieri hanno messo in piedi una società, la Sogepa, con l'intenzione di acquistare la villa per fare un solo affare veloce: rivenderla a qualche magnate. L'acquirente, però, si sarebbe ritirato e i due, in accordo con Milanese, avrebbero avuto indietro la caparra di 650 mila euro depositati con assegni su un conto della Carige.
Nel frattempo Milanese ha venduto la villa tramite un mediatore francese che poi si è fatto vivo con Marchese: «Milanese si aspetterebbe la restituzione dei 100 documenti». Centomila euro secondo i magistrati. Una tangente che servirebbe a ricompensarlo per i favori fatti. Marchese è stato nominato nei collegi sindacali di Ansaldo Breda, Oto Melara, Ansaldo Energia, Sogin e Sace. Barbieri, che è anche sindaco a Voghera, è stato nominato nel consiglio di amministrazione della Federservizi.

Viscione spiega ai pm la vendita del Delphinus


Intanto Marco Milanese non commenta perché nella mattinata dell'8 luglio è stato sottoposto all'intervento a un'ernia a Roma, un'operazione programmata, e ha preferito quindi non parlare. Con qualcuno si sarebbe sfogato dell'affare villa. «Forse ci ho rimesso 50 mila euro...altroché».
La ricostruzione della vendita dello yacht ai magistrati l'ha fatta la gola profonda che sta mettendo alle strette il pupillo di Tremonti. Paolo Viscione, l'assicuratore di Cervinara, al centro di una frode fiscale internazionale, ha vuotato il sacco su Milanese perché a suo dire gli ha estorto tra regali e soldi quasi 1 milione di euro, in cambio di aggiornamenti sullo stato delle indagini su di lui da parte della finanza senza riuscire a stopparle.
LE CARTE DELL'INTERROGATORIO. Interrogato nel dicembre 2010 dai pm di Napoli Viscione ha spiegato che «Milanese ha una barca, aveva una barca importante, comprata da Russo di Capri... che valeva 600, 700 mila euro... lui me la voleva rifilare... e io che stavo sotto scacco non potevo dire di no così, allora ho trovato la soluzione (ride), avevo un amico che aveva bisogno di una cortesia, quella là di essere confermato in una nomina... Sidoti (il suo tuttofare ndr) mi premeva: perché non lo presentiamo a Milanese?... Invece di presentarlo, lo faccio portare da me e gli dico: senti, tu sei disposto a fare un'operazione di questo tipo? Ti compri la barca. La fai comprare a qualcuno e quello ti farà il piacere sicuramente, no... così è stato, questo si chiama Fabrizio Testa ed è il presidente dimissionario dell'Enav, Finmeccanica...».
Il pm Piscitelli: «Fabrizio?».
Viscione: «Fabrizio Testa inquisito dallo scandalo famoso delle fatture false Enav e compagnia bella... (inc.) non lo voleva, Matteoli non lo voleva, Alemanno non lo voleva, Tremonti l'ha fatto nominare...».
Pm: «Ma all'Enav?».
V.: «No, l'ha fatto diventare presidente dell'Enav, con i poteri, che poi si è dovuto dimettere, perché è nato il casino delle fatture false, è un altro discorso... però è stato nominato e si è comprato la barca... io tengo i documenti, eh..».
Fabrizio Testa, coinvolto nell'inchiesta sulle fatture gonfiate ed ex consigliere di amministrazione dell'Enav, l'11 novembre 2009 è stato nominato presidente della Techno Sky, società interamente partecipata dall'Ente nazionale assistenza al volo.

Gratis la ristrutturazione della casa romana

 
 Intanto su Milanese, ormai travolto da un terremoto, si sta abbattendo un'altra tegola. I lavori di ristrutturazione della casa nel centro di Roma affittata dal deputato del Pdl e abitata da Tremonti (leggi l'editoriale del direttore), secondo la Digos di Napoli, sarebbero stati eseguiti gratis, dal momento che non è stata trovata alcuna traccia documentale di pagamenti.
Il portone d'ingresso del palazzo al civico 24 di via
Campo Marzio a Roma. Marco Milanese pagava l'affitto
della casa che veniva utilizzata da Giulio Tremonti.
(© Ansa)
La verifica di queste presunte irregolarità era l'obiettivo delle perquisizioni compiute il 7 luglio dagli investigatori napoletani nelle sedi di due società, la Sogei e la Edicars, e nell'abitazione del costruttore Angelo Proietti (che non è però indagato).
L'ipotesi del pm Piscitelli, titolare dell'inchiesta sfociata nella richiesta d'arresto per Milanese, è che la Edicars abbia eseguito quei lavori, che ammontano a centinaia di migliaia di euro, in cambio di importanti appalti da parte della Sogei, società controllata dal ministero del Tesoro, sempre grazie alla lunga mano di Milanese.
Un altro filone dell'inchiesta riguarda le fughe di notizie coperte da segreto e il ruolo di alcuni alti ufficiali della guardia di Finanza. Al centro delle indagini il generale Michele Adinolfi (indagato nell'
inchiesta sulla P4) che, secondo quanto si è appreso, avrebbe chiesto a Tremonti di allontanare Milanese dopo che questi, nel corso di un interrogatorio reso ai pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio, lo aveva indicato come il responsabile della fuga di notizie che aveva rivelato a Luigi Bisignani di essere intercettato.
"Yacht in cambio di nomine e appalti"  su Milanese arriva una nuova tegola

Dopo la richiesta di arresto a Napoli, una nuova inchiesta sul deputato a Roma. Due imprenditori arrestati per finanziamento illecito di CARLO BONINI


ROMA - Prima Napoli 1. Ora Roma 2. In meno di ventiquattro ore, su Marco Milanese si chiude il secondo braccio della tenaglia giudiziaria che lo ha stritolato. Il gip di Roma, Anna Maria Fattori, su richiesta del pm Paolo Ielo, contesta all'ex consigliere politico di Tremonti un nuovo reato: finanziamento illecito dei partiti.
 
             Il Dolphin 46 al centro dell'inchiesta di Roma
Lo stesso per il quale ordina la cattura degli "imprenditori" Tommaso Di Lernia e Massimo De Cesare (il primo era già detenuto nell'inchiesta sugli appalti Enav, il secondo è da ieri sera ai domiciliari) e di cui sono accusati a piede libero Fabrizio Testa, ex manager pubblico (è stato nel cda di Enav e quindi presidente della controllata "Technosky") e Lorenzo Cola, "consigliere globale di Finmeccanica", protesi del suo presidente Pier Francesco Guarguaglini, già detenuto lo scorso anno nella vicenda dei fondi neri "Digint".

E' una storia - come documentano le 33 pagine dell'ordinanza di custodia cautelare - esemplare del sistema degli appalti e delle nomine nelle società a partecipazione pubblica. Nella quale "la prova è raggiunta, perché piena", su cui Milanese ha ritenuto di non dover rispondere, un mese fa, alle domande del pm e per la quale, dunque, la Procura si prepara a disporre il giudizio a citazione diretta (Milanese verrà processato in autunno da un giudice monocratico).

Ed è una storia che gira intorno ad un magnifico yacht, un "Dolphin 64" di 20 metri della Mochi Craft, che Milanese possiede ma non è in grado di pagare. Del quale, come gli accade con le fuoriserie che cambia con la frequenza delle scarpe (Bentley, Ferrari, Aston Martin), decide dunque di liberarsi, accollandone però il costo ad altri e per giunta facendoci sopra una bella "cresta" da 224 mila euro.

Anche perché, ha gioco facile nel farlo, visto che, come uno sciame d'api sul miele, gli corre in soccorso una variopinta comitiva di giro, che della sua benevolenza e del suo potere di interferenza sulle società a partecipazione pubblica ha bisogno come l'aria. Un manager che orbita nella destra sociale di Alemanno e questua una nomina in una società controllata da Enav (Testa); due "imprenditori" rotti al giochino delle sovrafatturazioni, delle provviste nere e inseriti stabilmente nel Sistema degli appalti Enav (Di Lernia e il suo factotutm De Cesare), un'eminenza grigia di "Finmeccanica" che chiamano "il generale" (Cola).

Lo yacht, dunque. Milanese lo acquista di seconda mano nel giugno 2009, accollandosi dal vecchio proprietario un leasing di 1 milione e 97 mila euro. E' un giocattolo che, solo di rata mensile, costa dunque 20 mila euro. E che l'ex ufficiale della Finanza, che in carriera ha collezionato encomi come figurine, non ha, o non ha intenzione di spendere. Per la barca, infatti, dalle tasche dello "scapocchione fortunato" (così lo chiama Paolo Viscione, imprenditore cui munge nel tempo "una milionata" di euro in regalie e contanti) escono solo 1.200 euro, il costo della pratica di cessione del leasing. Non paga le rate, infatti. Accumula interessi di mora. E finisce con il bordeggiare sul "Dolphin" una sola estate. Finché, a dicembre 2009, segnala a Viscione di "trovarsi in imbarazzo". Insomma, dice ai pm, l'imprenditore, "mi voleva rifilare la barca". E' troppo anche per lui.

Viscione trova il modo di mollare "il pacco" ad altri. Gianni Sidoti, suo socio, ha infatti per le mani un tipo che può "risolvere il problema" e "trovare un compratore" che tolga Milanese "dall'imbarazzo". Si chiama Fabrizio Testa, conosce Sidoti perché vivono nello stesso quartiere residenziale tra Roma e il mare (Casalpalocco) ed ha un problema. E' stato fatto fuori dal cda di Enav ("dove - racconta al pm - ero stato nominato in quota Destra sociale") per i suoi dissidi con il presidente Guido Pugliesi. Ha cercato la "sponsorizzazione" di Gianni Alemanno, sindaco di Roma, per un nuovo incarico, ma non è bastata.

Si offre dunque lui per mediare la vendita, perché, spiega ancora al pm, "favorendo Milanese, cercavo una protezione politica di un deputato che si interessava alle nomine in Enav". Testa, grazie al sapiente consiglio di Cola, trova rapidamente i compratori. Di Lernia e la sua protesi De Cesare, due "imprenditori", chiamiamoli così (Di Lernia campa di fondi neri e già finanzia "L'Officina delle libertà" di Aldo Brancher, deputato Pdl condannato in appello a due anni per ricettazione nella vicenda Antonveneta), che di uno yacht non sanno che farsene. Ma che di Milanese e di un manager di Enav, sanno sì che farsene, visto che la Di Lernia vive dei subappalti di Selex, principale beneficiaria di appalti dell'Ente a trattativa diretta.

Il "Dolphin" viene quindi acquistato a cifre da capestro. Il valore non supera i 700 mila euro, ma Milanese lo piazza a 1 milione e mezzo. Una cifra in cui c'è il valore residuo del leasing, caricato dagli interessi di mora (1 milione 318 mila e 500 euro) per le rate scadute (220 mila euro) che Milanese non ha mai pagato e che pure Di Lernia, al momento del contratto, gli ha anticipato in contanti.

Milanese è finalmente "libero dell'imbarazzo". Testa viene nominato presidente di Technosky (controllata Enav), da cui sarà allontanato nell'estate 2010 dopo un audit interno. Di Lernia può continuare a campare dei subappalti Selex. Per la legge, "è finanziamento illecito a un parlamentare". Da sei mesi a 4 anni di reclusione.
(09 luglio 2011)
Così viene spartita Finmeccanica
Trovate le liste con i nomi di politici e manager per le nomine.
 
Il deputato del Pdl Marco Milanese, ex consigliere politico del ministro Tremonti
Dopo la richiesta di arresto per il parlamentare Pdl, Marco Milanese, la procura di Napoli ha rivelato altre accuse contro l’ormai ex consulente del Tesoro le dichiarazioni di imprenditori e i manager di Stato. Tutti hanno disegnato lo stesso sistema di spartizione degli incarichi e delle nomine.
Così l’inchiesta sulla
presunta corruzione di Milanese si è mescolata con quella sulle nomine pilotate in Enav; e poi con l’altra, sulla presunta loggia P4 di Luigi Bisignani. Per diventare un unico grande calderone giudiziario.
Dai vertici delle aziende di Stato, da Finmeccanica a Trenitalia, dall’Eni fino alle consociate. Cioè della fame di politici e ministri, che indicano nomi e cognomi - anche senza requisiti - di chi deve accomodarsi nei consigli di amministrazione e persino nei collegi sindacali, in un calderone in cui i secondi, che dovrebbero verificare l’attività dei primi, in realtà sono espressione degli stessi referenti politici.
Il sospetto dei magistrati è proprio che Milanese abbia preso tangenti assicurando nomine ed incarichi in società controllate da via XX Settembre, come Finmeccanica, Ferrovie dello Stato ed Enav. Anche i rapporti del parlamentare con i vertici delle Fiamme Gialle non convincono i magistrati, i quali parlano di possibili cordate in vista della nomina del comandante generale.
IL COMPUTER SEQUESTRATO.  A far comprendere ai magistrati napoletani quanto la presunta illegalità delle operazioni di lobbing di Luigi Bisignani fosse poca cosa di fronte a quello che poteva mettere in campo Marco Milanese, è stato un appunto sequestrato nel computer di Lorenzo Borgogni, il capo delle Relazione esterne di Finmeccanica e tra i principali collaboratori del presidente Guarguaglini.
S'intitola «membri esterni controllate per Milanese.doc»; e indica uno per uno i nomi dei membri dei cda e dei collegi sindacali delle principali società controllate dal colosso di piazza Montegrappa. C’è Ansaldo Energia e Ansaldo Nucleare, Oto Melara, Elsag Datamat, Selex Sema, Selex Galileo e Wass. Accanto ai soggetti da nominare i politici di riferimento, talvolta indicati per nome, altre volte per partito.
Durante la perquisizione nel suo ufficio è stato trovato un foglietto con una lista di politici scritti a penna: «Giorgetti, Milanese, Romani (Guerrera), Fortunato (Mef), Galli, Squillace x La Russa».
I RIFERIMENTI POLITICI. Borgogni ha raccontato cosa è accaduto negli ultimi tre anni: «In questo periodo, Squillace è espressione del ministro della difesa La Russa, il consigliere Galli per la Lega mentre per lo Sviluppo Economico (Scajola) il riferimento è stato il consigliere Alberti, anche se formalmente espressione dell’azionista Mediobanca. Per quanto riguarda il Tesoro la lista la consegnavo a Milanese. Naturalmente da ciascuna parte ci sono state richieste per il maggior numero di persone e per il 2010 c'è stato un tavolo di compensazione e di coordinamento dove erano presenti Letta, Milanese, Giorgetti per la Lega e io che avevo ricevuto due, tre nomi da La Russa che non poteva partecipare. In questa riunione si decise poi quale parte politica doveva presentare i curricula e per quale società (per esempio la Lega a mezzo Giorgetti chiese che un posto fosse senz'altro riservato a quel partito in Ansaldo Energia riservandosi di farmi avere un curriculum forse già datomi nell'occasione) e così via... Ricordo per esempio che il nominativo di Adolfo Vittorio per Elsag Datamat me lo diede Letta per conto di Giovanardi che poi mi chiamò in prima persona... Ricordo che il nominativo di Marchese (Guido) fu proposto da Milanese nelle caselle che spettavano al Tesoro, per la presidenza del Cs di Oto Melara e per il cda di Ansaldo Energia dove fu registrata l'incompatibilità ai sensi del codice civile. Quando sorse il problema rilevammo che era stato nominato anche l'anno precedente, sempre su indicazione del Tesoro, nel Cs di Ansaldo Breda».
Le notizie sono state riportate dal Corriere della Sera e dal Messaggero
Sabato, 09 Luglio 2011

Enav/ Arrestati due imprenditori e indagato Marco Milanese (Pdl)

Pm Roma contestano illecito finanziamento ai partiti

 
Il deputato del Pdl Marco Milanese, ex consigliere politico del ministro Tremonti
Roma, 9 lug. (TMNews) - Illecito finanziamento ai partiti. Per questo reato due imprenditori sono oggetto di una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Roma. Nell'inchiesta diretta dal pm Paolo Ielo risulta indagato il deputato del Pdl, Marco Milanese, ex consigliere politico del ministro Giulio Tremonti. Il parlamentare è oggetto di una richiesta d'arresto inoltrata alla Camera dai pm di Napoli.

La misura cautelare del carcere è stata emessa per Tommaso Di Lernia, titolare della Print Sistem, già finito in manette per corruzione e fatturazione di operazioni inesistenti nell'inchiesta sugli appalti dell'Enav assegnati a Selex Sistemi Integrati. Agli arresti domiciliari è stato posto Massimo De Cesare, amministratore delegato di Eurotech.

In base all'ordinanza del gip Anna Maria Fattori al centro degli accertamenti della Gdf è la vendita a Eurotech, società che si occupa della costruzione di opere civili, di una barca da 15 metri acquistata in leasing (20mila euro al mese) dall'onorevole Milanese. La vendita dell'imbarcazione, a un prezzo maggiorato rispetto al suo valore, sarebbe stata la contropartita richiesta da Milanese per la nomina, decisa dal cda di Enav su suo input, dell'ex consigliere di amministrazione dell'Ente nazionale di assistenza al volo, Fabrizio Franco Testa (anche lui indagato), a presidente di Technosky, controllata di Enav.

Per favorire la nomina, Testa avrebbe coinvolto Lorenzo Cola, l'ex consulente di Finmeccanica e Di Lernia. Ed alla fine del giro di soldi, oltre 200mila euro sarebbero finite a Milanese. Quasi certamente gli interrogatori di garanzia di Di Lernia e De Cesare si terranno all'inizio della prossima settimana.
Fonte TMNews

Il Milanese e il Romano


di Eloisa Covelli

Non bastavano i guai dell’ex braccio destro di Tremonti, Marco Milanese. Ad aggravare la posizione della maggioranza di governo c’è anche una richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa per il ministro Saverio Romano...


     Nella foto: Saverio Romano 
Non bastavano i guai dell’ex braccio destro di Tremonti, Marco Milanese. Ad aggravare la posizione della maggioranza di governo c’è anche una richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa per il ministro Saverio Romano.
A Napoli proseguono le indagini a carico dell’ex consigliere di Tremonti, Marco Milanese, che lo vedono indagato per corruzione, rivelazione di segreto e associazione a delinquere e su cui pende la richiesta di arresto. Guai politici anche per il ministro dell’Economia. I pm napoletani stanno cercando i pagamenti della ristrutturazione della casa di via Campo Marzio, usata da Giulio Tremonti, ma affittata dal suo braccio destro dal Pio Sodalizio dei Piceni. Ma le fatture finora non sono state trovate. La posizione di Milanese, però, si aggrava giorno dopo giorno. Dimessosi da consigliere di Tremonti per l’inchiesta P4, risulta indagato anche a Roma nell’ambito dell’indagine Enav per finanziamento illecito ai partiti. Ai pm non quadra la vendita a Eurotec, che si occupa della costruzione di opere civili, di una barca di 15 metri. Questa era stata acquistata da Milanese in leasing e poi rivenduta a un prezzo maggiorato rispetto al suo valore. Per la procura sarebbe stata la contropartita richiesta dall’ex finanziere in cambio della nomina, decisa dal cda di Enav su suo input, dell’ex consigliere di amministrazione dell’Ente nazionale di assistenza al volo, Fabrizio Testa, a presidente di Technosky, società controllata di Enav. Per la procura, a Milanese sarebbero andati 224mila euro.
E a causa dei guai giudiziari dei membri della maggioranza, la giunta per le autorizzazioni della Camera risulta intasata. Al punto che probabilmente arriverà a giudicare della richiesta di arresto di Milanese solo a settembre. Prima si deve decidere se autorizzare l’uso delle intercettazioni di Denis Verdini e poi bisogna discutere della richiesta di misure cautelari per Alfonso Papa.
A questo fosco scenario, si aggiunge quello certo non limpido sul ministro Romano. Per il gip di Palermo, Giuliano Castiglia, il titolare delle Politiche agricole deve essere processato per la sua vicinanza a Cosa Nostra. Il gip ha perciò obbligato il pm a scrivere l’imputazione, respingendo la sua richiesta di archiviazione. In sostanza la procura entro 10 giorni dovrà formulare l’accusa da portare davanti al gup. Accusa che si fonda sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Angelo Siino e Francesco Campanella. Il primo ha parlato, nell’ambito del fascicolo “Ghiaccio” (archiviato all’inizio del 2005, i cui atti sono stati però presi in considerazione dal gip) di un incontro con un giovane Romano che, assieme a Totò Cuffaro, si sarebbe presentato a casa sua nel 1991 per chiedergli voti. Campanella, invece, aveva riferito di una serie di episodi riguardanti l’attività amministrativa del Comune di Villabate, la realizzazione nel grosso centro alle porte di Palermo di un centro commerciale e le vicende politiche connesse, la candidatura nelle fila del Biancofiore di un aspirante deputato regionale che nel 2001 avrebbe avuto l’appoggio delle cosche. Tra gli episodi descritti da Campanella c’è anche un pranzo a Campo de’ Fiori, a Roma, in cui Saverio Romano avrebbe detto di «far parte della stessa famiglia». Un riferimento che, secondo l’accusa, sarebbe relativo alla comune appartenenza mafiosa, mentre secondo la difesa si tratterebbe solo di una comune adesione a una corrente della Dc.
Lo scorso 23 marzo, giorno in cui Romano è diventato ministro, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, aveva espresso delle «riserve sulla ipotesi di nomina dal punto di vista dell’opportunità politico-istituzionale», dato che il gip non aveva accettato la richiesta di archiviazione della procura di Palermo, tuttavia ha proceduto alla nomina poiché «non c’erano impedimenti giuridico-formali». «Sono addolorato e sconcertato; - commenta il ministro Romano - con questo provvedimento non viene chiesta solo la formulazione dell’imputazione per il sottoscritto ma vengono messe in discussione le conclusioni alle quali dopo lunghissimi approfondimenti era pervenuta la Procura di Palermo».

guardia di finanza, enav, fiamme gialle,Finmeccanica,guardia di finanza,maxi,riciclaggio di denaro,Cola,ENAC,Riggio,Isola delle Femmine,Cogim,Selex,Grossi,Techno Sky,Mokbel

Milanese,tremonti,Amelia Primavera,Guido Marchese,Carlo Barbieri,Fabrizio Testa,Finmeccanica,Enav,TecnoSky,Eurotec,Vincenzo Piscitelli,Sogepa,Federservizi,Paolo Viscione,Angelo Proietti,Michele Adinolfi,Henry John Woodcock,Francesco Curcio

 
Milanese,tremonti,Amelia Primavera,Marchese,Barbieri,Testa,Finmeccanica,Enav,TecnoSky,Eurotec,Piscitelli,Sogepa,Federservizi,Viscione, Proietti,Adinolfi,Woodcock,Curcio



 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento