Il Professore : ... ... Giova ricordare , peraltro , IL Che Personaggio Il proprietario del bene confiscato , in partiture OCCASIONE delle elezioni sosteneva Amministrativo Il Candidato della lista "Rinascita Isolana " Rosario Rappa .

domenica 9 gennaio 2011

L'erede di Mannino e Cuffaro

L'erede di Mannino e Cuffaro indagato per mafia e corruzione
Saverio Romano è il leader dei Popolari per l'Italia di domani. Cresciuto all'ombra dei big della Dc siciliana, è stato uno dei simboli del centrodestra isolano di Schifani e Alfano
di EMANUELE LAURIA
L'ultimo grattacapo, e non da poco, glielo ha procurato il gip di Palermo Giuliano Castiglia, che non ha accolto la richiesta di archiviazione delle indagini per mafia che lo riguardano. Ma Saverio Romano, con la freddezza che lo contraddistingue, ha incassato e guardato oltre. Aveva già in tasca un impegno di Berlusconi: "Mercoledì ti nomino ministro", gli aveva garantito sei giorni fa. Così è stato. E d'altronde questo avvocato penalista siciliano con le inchieste giudiziarie si è sempre confrontato, nella sua lunga carriera politica.
FOTO Romano giura al Quirinale davanti a Napolitano

Se non altro per aver vissuto, sin dagli anni '80, all'ombra di due big della Dc siciliana: Calogero Mannino, che fu un potente ministro proprio dell'Agricoltura, e l'ex governatore Salvatore "Totò" Cuffaro. Il primo entrato e uscito solo alla fine del 2008 da un lunghissimo processo per concorso esterno. Il secondo condannato definitivamente per favoreggiamento a Cosa Nostra a fine gennaio, e ora in carcere a Rebibbia per scontare una pena di sette anni. Le incredibili svolte degli ex Udc che hanno dominato la politica siciliana negli ultimi decenni, prima dell'ascesa di Raffaele Lombardo, l'amico "traditore" che nell'Isola ha deciso di governare con il Pd.

Cuffaro in cella, Romano ministro. Tutto nel giro di 60 giorni. L'effetto finale di una scelta, quella di lasciare il partito di Casini e fondare il Pid, che nel settembre scorso ha posto le premesse per la fondazione alla Camera del gruppo-stampella dei "Responsabili". E ha trasformato l'avvocato col mito di Sturzo, nato 46 anni fa alla vigilia di Natale, da colonnello in generale. Il traguardo di un percorso cominciato nella sua Belmonte Mezzagno, Comune del Palermitano amministrato oggi dallo zio Saverio Barrale, per il quale il Viminale ha avviato le procedure di scioglimento per infiltrazioni mafiose. La tappa conclusiva di un viaggio iniziato nel 1985 nel cda dell'opera universitaria di Palermo e nel movimento giovanile della Dc, di cui Romano fu segretario. E dove mosse i primi passi anche il Guardasigilli agrigentino Angelino Alfano.

Nel 1990 Romano fu eletto nel consiglio provinciale di Palermo, per poi ricoprire dal '93 al '94 la carica di assessore alla Viabilità. Dal '97 al 2001 l'incarico pesante di presidente dell'Ircac, l'ente creditizio della Regione siciliana. Con la benedizione di Cuffaro, of course. E quando Totò, nel 2001 dei portenti per il centrodestra sicliano (fu l'anno del 61 a 0), divenne governatore a furor di popolo, Saverio Romanol sbarcò in parlamento. Componente delle commissioni Giustizia, Bilancio, Cultura, Trasporti e Vigilanza sulla cassa depositi e prestiti.

Quindi sottosegretario al Lavoro, nel terzo governo Berlusconi: posto ideale per un ex dc che conosce l'arte della conquista del consenso. Risale a quel periodo il progetto Inla, che alla vigilia di nuove elezioni, quelle del 2006, garantì a 1.800 disoccupati siciliani un tirocinio nelle aziende pagato da Stato e Regione. Nel luglio del 2006 la nomina a segretario regionale dell'Udc di Cuffaro: nei fatti, il capo del partito di governo in Sicilia, il braccio operativo di Totò e uno degli sherpa di una maggioranza dai numeri bulgari che si reggeva sull'asse Cuffaro-Alfano-Schifani.

La prima condanna dell'ex governatore, nel gennaio del 2008, lo rende di fatto erede del suo patrimonio politico. Romano è abile nel tenere in piedi il partito in un momento difficile, proponendosi con successo pure alle Europee del 2009: 110 mila voti, seggio conquistato e ceduto al primo dei non eletti. Un'ascesa accompagnata da guai giudiziari che restano sullo sfondo, oscurati da quelli più gravi che affliggono Cuffaro. L'indagine per concorso esterno in associazione mafiosa nasce dalle dichiarazioni del pentito Francesco Campanella, secondo il quale Romano sarebbe stato votato e a disposizione dei boss di Villabate. Archiviata una prima volta nel 2005, era stata riaperta dalla Procura per il sorgere di nuovi elementi. Ma sul nuovo ministro pende un'altra indagine per corruzione aggravata dall'avere agevolato Cosa Nostra: ad accusarlo è Massimo Ciancimino (figlio di Vito, ex sindaco di Palermo in stretti rapporti con Provenzano) che dice di avergli pagato tangenti per 50 mila euro.

Anche quest'inchiesta è vicina alla conclusione e vede coinvolti Cuffaro e il senatore del Pdl Carlo Vizzini. E c'è l'ormai prossimo deposito delle motivazioni dei motivi della sentenza della Cassazione che, il 22 gennaio, ha spedito in carcere l'ex presidente della Regione per la vicenda delle talpe alla Dda: anche in quel processo era citato Romano. Ma tant'è: il leader dei "responsabili", dopo aver litigato pure con il "maestro" Mannino (che è uscito dal Pid e ha fondato un altro movimento), ha puntato dritto agli ambiti gradi di generale. Berlusconi ha mantenuto la promessa. Ma Napolitano non ha rimosso del tutto le proprie perplessità.

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(23 marzo 2011)
Fonte la Repubblica
http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/03/23/news/l_erede_di_mannino_e_cuffaro_indagato_per_mafia_e_corruzione-13998064/





Al paese di Zio Saverio fra intrecci di mafia e un nipote in carriera Belmonte, il posto di Romano, il nuovo ministro all'Agricoltura che qui si è fatto le ossa . L'omonimo zio è sindaco di un comune che dovrebbe essere sciolto per infiltrazioni mafiose


Se non fosse il paese natio del neoministro Saverio Romano e se il sindaco non fosse suo zio, nessuno forse se ne sarebbe accorto. E la notizia che il consiglio comunale di Belmonte Mezzagno - piccolo centro siciliano ad un tiro di schioppo da Palermo - potrebbe essere sciolto per infiltrazione mafiosa sarebbe passata praticamente sotto silenzio. Usiamo il condizionale, anche se fonti vicine alla prefettura palermitana sostengono ormai che la commissione inviata a Belmonte dal Prefetto Giuseppe Caruso ai primi del mese di febbraio ha quasi ultimato la sua missione. La richiesta di scioglimento potrebbe essere inoltrata al governo quindi in tempi molto brevi. Non sarebbe la prima volta: già negli anni ottanta il consiglio fu sciolto per mafia e un ex sindaco, Salvatore La Rosa, venne ucciso nel 1992 insieme con il fratello del boss Benedetto Spera. La notizia assume una forte valenza all'indomani della nomina di Romano, una nomina che il Capo dello Stato ha sottolineato caso unico nella storia repubblicana - con una nota ufficiale riguardante le inchieste che vedono il ministro indagato dalla Procura palermitana per concorso esterno e per corruzione aggravata. Lo scioglimento per mafia del comune di Belmonte aprirebbe un nuovo fronte nella già discussa nomina di Romano che si troverebbe a dover esprimersi in consiglio dei ministri sul suo paese, su un suo parente e sul suo feudo elettorale che tanto gli ha dato. Tutta la storia politica recente di Belmonte racconta infatti la discussa e folgorante ascesa di Romano. Che da lì è partito dalla fine degli anni '80 ricoprendo la carica di Presidente del consiglio comunale per spiccare il salto, dopo un'esperienza dirigenziale in un istituto di credito siciliano, verso la politica che conta. Dalla Dc di Calogero Mannino all'Udc di Casini fino alla fondazione di un gruppo autonomo Popolari per l'Italia di domani che sostiene il governo. Belmonte terra di mafia, dicono però la storia di Cosa nostra e le inchieste più recenti. E la decisione della Prefettura palermitana di inviare una commissione di tre esperti per verificare se i boss hanno allungato i tentacoli all'interno dell'amministrazione comunale, scaturisce proprio da l'ultima grande retata antimafia avvenuta nel dicembre del 2008. L'operazione Perseo, che con oltre 100 arresti scompagina la nuova mafia post-Provenzano, porta dietro le sbarre l'ex-vicesindaco di Belmonte, Giovanni Migliore, e due picciotti entrambi stretti parenti di un assessore e di un consigliere comunale. Da qui l'avvio dell'ispezione che sta per concludersi con la richiesta di scioglimento. Ma tra le intercettazioni ambientali della Perseo fa capolino anche il nome del Ministro. Un esattore del racket che impone il pizzo ad un imprenditore per un lavoro a Belmonte Mezzagno, ricorda alla vittima che l'appalto lo hanno fatto finanziare due politici: l'assessore comunale del paese e l'onorevole Romano. La vittima dell'estorsione non conosce il parlamentare. Ed è il mafioso, come emerge dall'intercettazione, a spiegare di chi si tratta. «È sempre insieme in televisione è uno di Belmonte...e sempre insieme con Totò Cuffaro, con Cesa quello dell'Udc». La reazione di Romano non si fa attendere: «Ha pienamente ragione chi sostiene che alla divulgazione selvaggia delle intercettazioni debba essere posto uno stop definitivo». Ma quell'operazione antimafia lascia però il segno sulla politica di Belmonte. Poche settimane dopo infatti, la giunta viene azzerata e il sindaco, Saverio Barrale, zio del ministro, impone una «svolta di legalità» chiamando come assessori, il maresciallo della caserma locale e un ex-militare della Finanza. Svolta che però evidentemente non è bastata alla Commissione prefettizia.

25 marzo 2011

pubblicato nell'edizione Nazionale (pagina 21) nella sezione "Cronaca italia"

 http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/2015000/2014162.xml?key=provenzano&first=1&orderby=1




http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-bc36d360-aed8-4059-8cb9-93d501f43ffc.html 


  
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